Ci vuole un piano nazionale d’emergenza
Di Carlo Pelanda (15-12-2008)
L’impatto più
acuto della recessione è atteso per il primo semestre del 2009. Quanto grave per l’Italia? Il governo potrà
fare poco per stimolare l’economia interna a causa della priorità di mantenere
la credibilità sul fatto che l’Italia ripagherà il debito. Quindi c’è poco
spazio per detassazioni e investimenti pubblici. Le nostre sorti dipenderanno da tre fattori esterni: (a)
quando il mercato statunitense
riprenderà la crescita; (b) quanta crescita propria i mercati europeo ed
asiatico riusciranno a tenere; (c) di quanto, e se,
Fino
all’agosto del 2008 era in atto una tendenza recessiva causata dallo choc
inflazionistico. Da settembre la deflagrazione del sistema bancario ha fatto
implodere il mercato statunitense, già indebolito, creando crisi di settore che
hanno aumentato la disoccupazione e innescato un pessimismo diffuso e la
conseguente riduzione repentina di investimenti e consumi. Poiché tutti i Paesi
del mondo dipendono per gran parte del loro Pil dalle esportazioni dirette
verso l’America, e dalla domanda globale così indotta, la crisi del mercato
statunitense li ha gettati in recessione. Finora l’impatto non era arrivato al
suo massimo in Asia, Europa ed in Italia. Ora sta arrivando. Il problema per
tutte le economie esportatrici è quello di non poter bilanciare rapidamente la
perdita dell’export con altrettanta crescita interna. Per questo dipendono
dalla ripresa americana. Da un lato, la nuova Amministrazione Obama ha
preparato una politica di stimolo economico di enormi dimensioni. Ed è
probabile che funzionerà. Ma il quanto e quando restano incerti perché il
cedimento è stato strutturale e ci vorrà tempo per la ricostruzione della
vitalità economica (rientro dal debito privato, riassorbimento della
disoccupazione, ecc.). Lo scenario migliore, infatti, individua il giugno del
2009 come prima data per l’uscita dell’America dalla fase più acuta della
crisi. Significa che, in ogni caso, per tutto il 2009 il resto del mondo sarà
recessivo. Ma il quanto dipende dalla capacità, come detto sopra, di Europa ed
Asia di fare crescita interna sostitutiva almeno in parte di quella trainata
dalla locomotiva statunitense. Sabato scorso Cina, Giappone e Corea del Sud
hanno siglato un patto di cooperazione per migliorare la crescita nella
regione. Vedremo, ma non aspettiamoci troppo perchè tutti e tre dipendono per
circa il 40% del loro Pil dalle esportazioni in Europa ed America e non sarà
facile cambiare modello in poco tempo. Lo stesso può dirsi per l’eurozona, con
la differenza che